Bolle speculative e crisi finanziarie

Bolle speculative e crisi finanziarie

Bolle speculative e crisi finanziarie

I crolli di borsa e le crisi finanziarie non sono l’eccezione ma la regola del capitalismo. Paul Krugman (Nobel)

Le bolle speculative e le crisi finanziarie hanno preso sempre e costantemente un posto in prima fila sullo scenario della finanza. Chi si muove sui mercati finanziari è ben cosciente di questo, ne ha la piena consapevolezza di questo dato, e questo gli permette di muoversi con più accortezza e autorità per imporsi senza sorprese non previste.

Di seguito andiamo a vedere gli eventi più importanti che hanno caratterizzato la storia della finanza.

2015 – 24 agosto. Borsa di Shanghai.  Voce: bolle speculative

La borsa di Shanghai, la principale borsa valori cinese, è in caduta dal 12 giugno. Nei 12 mesi precedenti, dal 12 giugno 2014, la borsa di Shanghai era in crescita costante, in salute del 150 per cento in più. Gran parte della crescita della borsa di Shanghai è stata trainata da ChiNext, l’indice che raccoglie le maggiori società tecnologiche della Cina: il corrispettivo di quello che è il NASDAQ per la borsa statunitense. È stata una bolla molto simile alle dot.com americane.

La Cina provoca un crack finanziario globale. Il crollo della borsa di Shanghai genera una perdita colossale del 30% che la fa entrare a pieno titolo nella top ten delle bolle speculative degli ultimi cinque secoli. Il crollo coinvolge a ruota tutti gli altri indici di borsa, asiatici ed europei.

Il fallimento è dovuto anche alle mosse della Banca Centrale cinese che aumentava la sfiducia degli investitori: sono state vietate le IPO; le quotazioni in borsa di nuove aziende; sono stati autorizzati nuovi metodi di indebitamento per permettere agli investitori di avere maggiore liquidità da immettere nel mercato finanziario; quando la situazione si è fatta molto grave, nell’ultima settimana, sono state sospese le contrattazioni di moltissimi titoli.

2011 – 8 agosto. USA perdono la tripla A. Voce: crisi finanziarie.

Standard & Poor’s declassano il debito USA, la nazione più potente al mondo perde la tripla A. Il presidente Obama non riesce a convincere nessuno con il suo discorso e Wall Street perde il 5.5% in una sola giornata. Questo rappresenta il peggior calo dalla crisi del 2008. La crisi si estende e affonda anche le borse europee.

2011 – agosto. Oro. Voce: bolle speculative.

È il momento d’investire in oro dichiaravano i maggiori quotidiani di finanza. Il metallo giallo in quel momento quotava attorno a 1800 dollari per oncia, arriva a un picco di 1930 per poi, i primi di settembre,  crollare fino a 1050 dollari alla fine del 2015.

201110 agosto. Crisi del debito Ue. Voce: crisi finanziarie.

È l’estate della crisi del debito in Europa. Cominciamo a conoscere lo spread, vocabolo fino ad allora sconosciuto, che indica il differenziale di rendimento con i titoli di Stato tedeschi. Lo spread tra i Btp italiani e il Bund tedesco si avvicina a 500 punti. Il 10 agosto Piazza Affari perde il 6,65 per cento.

Il primo novembre 2011 Milano lascia sul terreno il 6,8 per cento, per le paure sulla situazione del debito pubblico europeo, in particolare quello di Grecia, nazione già affondata, ma soprattutto i timori per quello italiano e spagnolo, generano un crollo dei titoli bancari e la perdita di 219 miliardi di euro su tutte le borse europee. Lo spread BTP decennali e Bund raggiunge quota 570. Berlusconi si dimette.

2011 – 11 marzo. Disastro a Fukushima. Voce: crisi finanziarie.

La Borsa di Tokyo arriva a perdere fino al 17,5% nella seduta di quel giorno, il terremoto/maremoto ha sconvolto il Paese. C’era anche il peggioramento della situazione nella centrale nucleare di Fukushima, Un boato che scuote dieci chilometri di territorio.

La Bank of Japan inietta in via straordinaria un’ingente liquidità sul mercato, ma a fine giornata i due listini di Tokyo Stock Exchange, Nikkei 225 e Topix, segnavano rispettivamente -10,55 e -9,47 punti percentuale. È stata la terza perdita più consistente della piazza nipponica.

2008 – Maggio. Petrolio. Voce: bolle speculative.

Il petrolio arriverà a 200 dollari entro dicembre, dichiarava Arjun Murti in un rapporto di Goldman Sachs. A quel tempo il petrolio era a 140 dollari, salì di altri 7 dollari, facendo il massimo storico a 147 per precipitare in pochi mesi a arrivando a un minimo di 32 dollari.

Lo stesso riprende il discorso nell’ottobre del 2009, risostenendo la sua previsione e arriva a ipotizzare 125 dollari nel 2008, 200 nel 2009, per poi scivolare a 150 l’anno successivo e a 75 dollari nel 2011.

Il petrolio di fatto non supererà mai quota 111 dollari per poi riscivolare fino a 47 dollari fine 2014 per poi raggiungere 33 dollari a gennaio 2016.

Petrolio nuovo record – corriere

Petrolio 200 dollari – quifinanza

2008 – 15 settembre. Implode Lehman Brothers. Voce: crisi finanziarie.

New York -9%. È ricordato come il giorno in cui scoppia la crisi finanziaria: nella notte tra domenica e lunedì 16 settembre, Lehman Brothers che ha un debito di 613 miliardi, una delle più grandi banche d’affari statunitensi, non trova un acquirente, è travolta dalla crisi dei subprime e dichiara bancarotta appellandosi al Chapter 11.

Si apre un periodo di grossi ribassi. Il 29 settembre la Borsa Usa perde l’8,8%, ma peggio fa il 15 ottobre quando perde il 9 per cento. Sui mercato si abbatte un uragano di 900 miliardi euro.

Questo periodo fu battezzato “la Grande Depressione”. Gli effetti si sono trascinati pesantemente fino al 2014 e ancora oggi ne risentiamo. La perdita è stata di oltre 2mila miliardi di dollari a livello globale.

2007 – marzo. La crisi dei subprime. Voce: bolle speculative.

Prende il nome dai cosiddetti subprime, prestiti ad alto rischio finanziario da parte degli istituti di credito in favore di clienti a forte rischio debitorio, considerati da molti analisti come fenomeni di eccessiva speculazione finanziaria.

I mediatori creditizi indirizzavano i debitori verso prestiti che non potevano soddisfare con la collaborazione dei periti che gonfiavano artificialmente le valutazioni degli immobili.  Il ruolo delle banche è stato senza dubbio centrale nell’estensione della crisi a livello globale.

Il mercato immobiliare continuava sempre a salire. La dichiarazione della Fed, dopo la crisi dei mutui subprime, era sostenuta da un assenza di rischio e che era solo un problema circoscritto ai subprime, quelli concessi troppo facilmente.

Le perdite della Bear Stearns, del gruppo JP Morgan, ammontano a 22,5 miliardi di dollari.

Hanno provocato la disoccupazione di 7 milioni di persone negli Stati Uniti d’America e la crisi che da anni imperversa in tutti i paesi d’Europa. Si ebbe addirittura il fallimento di Lehman brothers il 15 settembre 2008,  e, sempre lo stesso anno,  il crollo dei mercati globali. Quasi tutti gli asset arrivarono ai minimi storici. Sempre nel 2007, un anno prima, la banca centrale americana dichiarava che non vi erano rischi.

2001 – 11 settembre. Torri Gemelle. Voce: crisi finanziarie.

La data è famosa per lo schianto dei due aerei sulle torri gemelle, il World Trade Center di New York. Un evento assolutamente non prevedibile. Wall Street si trova proprio nelle vicinanze.

Tutte le borse colano a picco: Milano -7.4%, Londra -5.4%, Francoforte -10%, Parigi -7.4%. Wall Street riapre il 17 settembre, lunedì, bloccando le contrattazioni per timore che si innescasse il panic selling, ma il giovedì successivo viene battezzato il “giovedì nero”.

Il Dow Jones perde il 4.27% e le borse europee cedono il 4%.  Il listino principale del New York stock Exchange crolla, continuando la caduta fino al venerdì che chiuderà una delle settimane più terribili nella storia economica americana: il Dow Jones lascerà sul terreno il 30% scendendo da 11.723 a 8.236 punti.

2000 – 10 marzo. La Bolla delle Dot-com. Voce: bolle speculative.

Il nasdaq è una meravigliosa occasione di guadagno, tutti possono investire, titolavano famosi giornali. Era l’anno delle Dot.com, tiscali, pagine gialle, tim etc etc. Si comprava l’azione in IPO, cioè in collocamento, e ci si vedeva raddoppiare il valore in poche settimane.

Poco dopo è la volta della new economy, la bolla provocata dalla internet mania. Il suffisso dot.com diventa sinonimo di successi in borsa. Dal 1997 gli americani nutrivano grandi speranze su quest’indice.

I mezzi di informazione americani, comprese le pubblicazioni aziendali di rispetto come Forbes e il WSJ, hanno incoraggiato molto il pubblico a investire in società a rischio, nonostante contrastino coi principi finanziari e legali di base della loro società.

Era possibile per una società Dot-com promettente fare un IPO e ottenere una notevole quantità di denaro, anche se non aveva mai fatto un profitto o, in alcuni casi, aveva a malapena coperto i costi iniziali d’avviamento.

Nel 1999 l’indice Nasdaq stazionava poco sopra i 600 punti e alla fine del 2001 tocca il massimo storico arrivando a un picco di 5.048 punti. Poi il crollo, che lo porta a 1.114 punti provocando la recessione in Usa. Il 78% dei capitali viene lasciato sul campo da guerra. La bolla economica distrugge 7.700 miliardi di dollari. Il Dow Jones da 11.500 scende a 7.740 punti.

1998 – 27 agosto. Crisi Russa. Voce: crisi finanziarie.

Il rublo perde il 40% a seguito della crisi russa, mentre l’indice di Mosca cede il 13%. Questa catastrofe coinvolge sia i Mercati europei con perdite oltre il 4% sia Wall Street che chiude con -4.19%.

Le cause furono: la corruzione, una politica di riforma economica inefficace, la svalutazione del rublo e l’instabilità politica.

Gli investitori stranieri ritirarono i propri investimenti dal paese e le banche rimasero molto paralizzate, anche i prestiti del Fondo Monetario Internazionale non ne risollevarono le sorti e furono in gran parte inefficaci.

I rendimenti dei titoli annuali arrivarono all’incredibile cifra del 200%. La crisi colpì anche il Dow Jones, che ebbe una delle cadute più considerevoli della storia.

1997 – 28 ottobre.  USA.  Voce: crisi finanziarie.

Questo lunedì il Dow Jones brucia il 7.2%, una catastrofe. Costo: 550 miliardi di dollari. La paura viene generata dalla crisi dei mercati finanziari asiatici, estate 1997, dopo una vasta serie di speculazioni che portano alla svalutazione di diverse valute locali: Corea del Sud, Thailandia e Indonesia.  Dopo dieci anni di distanza dalla caduta del 1987.

1997 – luglio. ASIA. Voce: crisi finanziarie.

Il “miracolo economico asiatico” invertì rotta completamente quando gli investitori persero la fiducia nelle loro valute per la svalutazione  e lo sganciamento delle divise interessate dal valore del dollaro. Tassi ad alto rendimento rendevano i mercati attraenti, ma quando gli Stati Uniti cercarono di arginare la propria recessione abbassando ancor di più i propri tassi di interesse, i mercati asiatici divennero troppo rischiosi ed esposti: innescarono un effetto domino senza precedenti: Thailandia -75%, l’HSI di Hong Kong -23% e Singapore -60%.

1992 – 16 settembre. Mercoledì nero. Voce: crisi finanziarie.

Speculazione finanziaria a opera di George Soros. Egli vendette sterline allo scoperto per un equivalente di 10 miliardi di dollari e causò una perdita di valore della lira sul dollaro del 30%, guadagnando una cifra stimata attorno agli 1,1 miliardi di dollari.

Gli speculatori approfittarono della riluttanza da parte della Banca d’Inghilterra ad aumentare i propri tassi di interesse a livelli confrontabili con quelli degli altri paesi del Sistema Monetario Europeo e a lasciare fluttuante il tasso di cambio della moneta. Alla fine, la Banca d’Inghilterra fu costretta a far uscire la propria moneta dallo SME e a svalutare la sterlina.

1991 – Immobiliare e azionario giapponese. Voce: bolle speculative.

Immobiliare e azionario, la miscela che fa precipitare il Giappone alla fine degli anni ’80. Alcune incomprensioni tra il Ministero delle Finanze e la Banca del Giappone sulle decisioni da prendere in seguito al deprezzamento del dollaro favorirono lo sviluppo della bolla.

Fu causata da un livello insostenibile di speculazione, grandi quantità di credito e bassi tassi d’interesse. Quando il governo intervenne per controllare la crisi, il credito divenne molto difficile da ottenere, e gli investimenti scesero in modo drastico. Si ebbe un arresto dell’espansione economica, da qui il nome di “decennio perduto”.

All’apice della speculazione il terreno del Palazzo Imperiale di Tokyo vale come l’intera California. L’indice Nikkei in tre mesi crolla da 40mila a 15mila punti.

1987 – 19 ottobre. Lunedì Nero. Voce: bolle speculative.

E’ stata la peggiore seduta, la massima caduta di tutti i tempi dopo il 1929, ed è ricordata come il “lunedì nero”. Wall Street perde il 22%, l’indice Dow Jones Industrial crolla del 22,6%, il tutto in una sola giornata, a differenza del 1929.

Hong Kong perse un massiccio 45,8% del suo valore, il Regno Unito il 26,4%, l’Australia il 41,8%, e la Nuova Zelanda crollò addirittura del 60%.

Lo scoppio di una bolla alimentata dalla paura di tutti i piccoli risparmiatori e, a quanto si dice, causata dai nuovi sistemi informatici che eseguivano direttamente gli ordini che ingigantivano la pressione di vendita.

Nessuno è ancora sicuro di quali furono le cause, quel che è certo è che miliardi di dollari in quell’occasione furono spazzati via dai mercati azionari di tutto il mondo.

1973 – 25 ottobre. Crisi petrolifera. Voce: crisi finanziarie.

L’OPEC utilizza il petrolio come arma e lancia un embargo petrolifero arabo contro coloro che stavano supportando Israele. Siamo nel bel mezzo della guerra dello Yom Kippur in Siria, e dell’Egitto contro Israele. Con questa drastica riduzione d’immissione di petrolio sul mercato americano  Il costo del grezzo aumentò.

L’embargo durò cinque mesi, ma possiamo affermare che i “buoni” effetti si vedono ancora oggi: gli stati dell’Opec realizzarono livelli di ricchezza impensabili e in un mese e mezzo le azioni sul NYSE persero 97 miliardi di dollari di valore.

Dopo quell’anno l’esperienza: l e case automobilistiche giapponesi iniziarono ad avversare le macchine a gas di produzione americana con auto molto più piccole. Gli Stati Uniti adottarono un limite di velocità di 55 miglia orarie.

1929 – 29 ottobre. Martedì Nero, Grande Depressione. Voce: crisi finanziarie.

La più famosa e devastante crisi resta il crollo di Wall Street, il cosiddetto martedì nero. Una massa di 10 miliardi di dollari (oggi 95 miliardi) prese fuoco. La nuova classe media investiva in borsa e spesso con soldi a debito, fino al crash.

Il mercato divenne l’hobby più importante per molti investitori ignoranti, che riversarono tutti i propri soldi nelle azioni di diverse imprese. Un elemento importante della dinamica di costruzione della “bolla” azionaria è da rintracciare nella tecnica di acquisto delle azioni tramite contratti di “riporto”, ossia tramite contratti conclusi dagli investitori privati con gli operatori di borsa (i c.d. agenti di cambio) in forza dei quali quest’ultimi fornivano ai propri clienti a prestito la liquidità necessaria agli acquisti di titoli ricevendo a garanzia i titoli medesimi, con l’obbligo di restituzione del prestito stesso a scadenza ravvicinata (tipicamente, un mese).

Gli operatori di borsa a loro volta si finanziavano presso le banche portando a garanzia i titoli azionari consegnati loro dai propri clienti “a riporto”. Quando il governo alzò i tassi di interesse, seguì il panico. Migliaia di banche falliscono. Gli investitori cercarono disperatamente di liquidare le proprie azioni, ma i soldi non c’erano.

Gli istituti finanziari avevano investito in azioni. Inizia la prima Grande Depressione da cui gli Stati Uniti uscirà solo dopo 10 anni. Le esigenze nazionali spinsero gli istituti finanziari degli Stati Uniti a richiamare i prestiti erogati all’estero (30 miliardi di dollari) estendendo gli effetti recessivi della crisi su scala mondiale.

1918 – 1924. L’Iperinflazione tedesca. Voce: crisi finanziarie.

L’Iperinflazione tedesca che colpì la Germania di Weimar provocò effetti devastanti, ma non fu la peggiore della storia (vedi il caso dello Zimbabwe). Nel 1914, il tasso di scambio tra il dollaro americano ed il marco tedesco era circa 1 a 4. Nel 1923, il rapporto si era moltiplicato a 1000 miliardi di Marchi per 1 dollaro.

Il giorno dopo la fine della prima guerra mondiale, i “vincitori” chiesero il risarcimento danno per il costo della guerra alla Germania. I tedeschi introdussero un nuovo tipo di valuta nel 1923, il Rentenmark, seguito dal Reichmark nel 1924. Pian piano la Germania riprese il controllo dell’inflazione.

1907 – ottobre. Panico dei banchieri. Voce: bolle speculative.

La bolla speculativa del rame che porta alla crisi della Trust Company, evento conosciuto anche come il Panico dei banchieri. La crisi ebbe inizio a ottobre, dopo il fallito tentativo di manipolazione del prezzo delle azioni della “United Copper Company”.

Le banche che avevano prestato denaro per il progetto speculativo subirono episodi di corsa agli sportelli che si diffusero successivamente anche alle banche e fiduciarie affiliate, portando in una sola settimana al collasso della “Knickerbocker Trust Company”, la terza fiduciaria di New York per dimensione.

Il Dow Jones va in calo di quasi il 50% rispetto all’anno precedente. I risparmiatori provocano il fallimento della National Bank of North America per la corsa agli sportelli di tutte le banche di New York.  A scongiurare il tracollo è il più potente banchiere del mondo, JP Morgan, che convoca nella sua biblioteca tutti i componenti di spicco del mondo finanziario americano e li chiude a chiave per una notte fino a convincerli che devono scalare la Trust.

Quella crisi, nel maggio 1998, per evitare panici futuri, porterà alla creazione della Federal Reserve.

1840 – Boom delle ferrovie. Voce: bolle speculative.

A Londra diventa di moda investire in azioni delle società ferroviarie, il settore più effervescente del periodo. L’unico epicentro del mondo sembra l’investimento in azioni ferroviarie.

Naturalmente, come tutte le cose irragionevoli, l’acquisto non ragionato, a prezzi esorbitanti, causò lo scoppio della bolla che provocò il fallimento di numerose società.

1792 – marzo e aprile. Il panico del 1792. Voce: crisi finanziarie.

È stata una crisi finanziaria generata dalla speculazione di William Duer e Alexander Macomb mentre tentavano di guidare i prezzi al rialzo dei titoli azionari detenuti dalla Bank of New York.

Dall’altra parte, la famiglia Livingston tentava di guidarli verso il basso vincendo la battaglia e rovinando letteralmente Duer e Macomb. Questo scompenso generò la corsa agli sportelli.

Gli storici sostengono però che la corsa fu generata anche da comportamenti fraudolenti di attività bancarie basate sulle riserve, e che Hamiltom, segretario del tesoro, avesse di fatto alimentato l’instabilità finanziaria.

1720 – fine settembre. South Sea Company. Voci: bolle speculative.

Lo scandalo della South Sea, in Inghilterra, una società di navigazione che aveva diritti esclusivi verso il Sud America. Tra insider trading e corruzione la società provocò una grave crisi.

Il prezzo delle azioni salì nel corso di un solo anno da circa 100 £ a quasi £ 1000 per azione. Il suo successo causò una grande frenesia in tutto il paese, il comportamento del gregge, e ogni tipo di persona, dai contadini ai signori, aveva sviluppato un interesse febbrile per gli investimenti: in primo luogo nella South Sea, ma in generale per tutte le azioni.

In migliaia erano stati attratti dall’impennata dei bond emessi dalla South Sea tra cui Isaac Newton che perse una fortuna.  La Società venne fondata nel 1711 con il fine di rilevare il debito pubblico inglese (10 milioni di sterline). La società si accolla il debito pubblico inglese e in cambio riceve un interesse annuo pagato dallo Stato e il monopolio dei commerci con le colonie spagnole nel Sud America.

Per finanziare l’operazione la società emette, in diverse momenti, le proprie azioni. Ogni emissione avviene a prezzi crescenti. La sicurezza della Stato e l’improbabile fallimento attira moltissimi investitori, arricchendo gli amministratori della società e diversi uomini politici che avevano acquistato le azioni alle prime emissioni.

Però, a fronte di un interesse costante pagato dallo Stato sul valore nominale del debito non vi era un prolifico e animato commercio, scopo per cui la società era nata, e ogni emissione avveniva a prezzi sempre più elevati.  Non potendo giustificare la crescita costante dei prezzi delle azioni e la diminuzione degli utili, come ogni bolla speculativa, nel momento in cui la domanda di titoli cessa di essere forte, quando scoppia le vittime sono tantissime.

1720 – luglio. La compagnia del Mississippi. Voci: bolle speculative.

Anche la Francia negli stessi anni conosce l’esplosione della prima grande crisi finanziaria, denominata Mississippi Bubble. L’autore fu John Law, allora ministro delle finanze francese, scaltro giocatore d’azzardo, che creò una banca pubblica, la Banque Royale, legata alla speculazione sui territori americani appartenenti alla Francia.

La banca emetteva obbligazioni e carta commerciale in cambio di oro e argento depositati. Le azioni andarono a ruba e con la loro vendita si pagavano debiti statali invece d’investire le somme per trovare giacimenti di metalli. Ma a un certo punto l’ammontare della carta in circolo divenne spaventosamente più grande delle reali riserve di metalli preziosi.

I problemi cominciarono quando nel 1720 diversi titolari presentarono le prime richieste di conversione in oro. Per tranquillizzare i titolari dei certificati e azioni, e garantire che grandi quantità di oro sarebbero giunte presto nei depositi della Banque Royale, si organizzò tra le strade di Parigi una sfilati di mendicanti, travestiti da minatori però, i quali fingevano di costituire una spedizione che andava a raccogliere oro in Louisiana.

Questa messa in scena ebbe le gambe corte. Nei giorni successivi le stesse persone furono viste di nuovo in giro per la città e il sospetto divenne preoccupazione e generò la cosiddetta “corsa allo sportello”, e lì fu panico: in un giorno di luglio, nel 1720, quindici persone persero la vita nella calca davanti alla Banque Royale.

1637 – febbraio. Tulipomania. Voci: bolle speculative.

Nella storia delle crisi tra le più famose c’è quella dei tulipani. La prima vera bolla speculativa della storia, tra il 1634 e il 1637. L’espansione commerciale dell’Olanda favorì lo sviluppo di questa bolla: i fioristi iniziarono a prenotare in anticipo ai contadini i bulbi attraverso l’utilizzo di contratti con prezzi fissati ex-ante da onorare a scadenza.

In altre parole, si negoziavano i “diritti sul bulbo”, cioè i futures di tulipani, pagando subito solo un acconto del prezzo finale e corrispondendo il saldo alla consegna del bulbo fiorito. I prezzi ben presto ebbero un andamento del tutto slegato dalla realtà. Si arrivò addirittura a vendere immobili per poter acquistare i diritti sui bulbi più grandi e pregiati.

Nel 1635 fu registrata una vendita di 40 bulbi per 100.000 fiorini (2500 fiorini a bulbo. A titolo di paragone, una tonnellata di burro costava circa 100 fiorini e “otto maiali grassi” costavano 240 fiorini). Un prezzo record fu pagato per il bulbo più famoso, il Semper Augustus, venduto ad Haarlem per 6000 fiorini.

All’apice delle quotazioni dei tulipani (importati dall’Impero Ottomano) con due bulbi si poteva acquistare una casa nel centro di Amsterdam. Fu sufficiente che ad Haarlem un’asta di bulbi andasse deserta per provocare il panic selling incontrollato e far precipitare i prezzi di mercato in tutto il paese. Poi la crisi che fece sprofondare l’Olanda in una lunga depressione.

1500– I sette default dell’Impero spagnolo. Voce: crisi finanziarie.

I sette default dell’Impero spagnolo nel corso del XIV secolo. Nel periodo d’oro della Spagna, il siglo de Oro, le importazioni erano superiori alle esportazioni. La corona spagnola non tendeva a difendere la propria economia dalla feroce concorrenza straniera.

La totale assenza di una borghesia e una classe sociale dinamica capace di trasformare l’oro e l’argento americani in un mezzo di produzione capitalistico dominavano la scena.

I genovesi, nel ‘500, avevano il monopolio assoluto su tutte le imprese commerciali spagnole: controllavano le industrie del sapone, della seta, della lana e dell’acciaio. Inoltre la corona era ipotecata con banche di credito europee come i Fugger, grande compagnia commerciale e usuraia tedesca, la quale disponeva anche dei maggiori giacimenti di mercurio e zinco della Spagna.

Le spese della potenza militare spagnola erano enormi. Il re di Spagna scoprì che l’impero di Madrid aveva un debito di quasi 36 milioni di ducati con un deficit annuo di 1 milione. Il debito, unito alle immense spese militari, (la sola Armata delle Fiandre costava 1.200.000 fiorini al mese), rese la situazione finanziaria estremamente precaria, tanto che Filippo II dovette dichiarare fallimento per tre volte, nel 1557, 1575 e 1596.

La dichiarazione della bancarotta obbligava Madrid a dover richiedere prestiti alle banche di Genova e dei Fugger. Ma per poter ottenere questi prestiti, a tassi d’interesse estremamente più alti, la monarchia spagnola doveva fornire garanzie  sui proventi minerari e sul patrimonio fondiario. Venne a crearsi una situazione di avvitamento che costrinse la monarchia a dichiarare default per ben sette volte nei successivi 65 anni.

1340 – Inghilterra. Voce: crisi finanziarie.

Insolvenza sovrana dell’Inghilterra. A partire dalla metà del secolo XIII° d.C., l’attività bancaria e finanziaria in Europa fu dominata dalle compagnie bancarie italiane, che operarono su tutte le piazze in posizione di privilegio ed in regime di quasi monopolio, anche perché tra il Duecento ed il Cinquecento l’italiano rimase la lingua internazionale degli affari.

A Firenze operavano circa 80 case bancarie, tra cui i Frescobaldi, gli Scali, gli Acciaiuoli, gli Amieri, i Bonaccorsi, i Cocchi, gli Antellesi, i Corsini, i da Uzzano, i Perendoli, e le famose compagnie dei Bardi e dei Peruzzi.

Già nel Medio evo la crisi finanziarie erano all’ordine del giorno, come quando Edoardo III nel 1340 si rifiutò di onorare i debiti della corona inglese verso i banchieri fiorentini causando la bancarotta per famiglie come gli Acciaiuoli e i Peruzzi. I crediti erogati dalla compagnia Peruzzi al solo re d’Inghilterra Edoardo III ammontavano, intorno al 1340, a circa 600 mila fiorini.

Le compagnie dei Bardi e dei Peruzzi finanziarono a lungo la Corona inglese, che venne assistita anche dai Frescobaldi e dai Ricciardi di Lucca. In seguito all’inizio del lungo conflitto noto come “guerra dei cento anni”, intrapresa tra il Regno di Inghilterra ed il Regno di Francia nel 1337, il sovrano inglese Edoardo III non riuscì più a rimborsare i prestiti concessi dai banchieri italiani che avevano accordato credito illimitato fino all’enorme importo di 1 milione e mezzo di fiorini.

Nel 1340 iniziò il tracollo finanziario dei Bardi e dei Peruzzi, che sfociò nel fallimento dei Peruzzi nel 1343 e dei Bardi nel 1346, default causato sia dall’insolvenza della Corona inglese, sia dalla carenza di liquidità sia alla “corsa agli sportelli” da parte dei titolari dei depositi presso le compagnie fiorentine, spintidal clima di sospetto.

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