Commodity Channel Index – CCI
Il Commodity Channel Index (CCI) è un indicatore di momentum. Precisamente, appartiene al gruppo degli oscillatori. È stato creato e sviluppato, in autonomia e per hobby, da Donald R. Lambert, che vide pubblicati i suoi primi lavori su una rivista di analisi tecnica nel 1980. All’inizio degli studi si chiamava solo Commodities.
Lambert non era un’analista esperto, era un accademico laureato in matematica, statistica e contabilità. Le sue conoscenze professionali lo hanno aiutato a creare il Commodity Channel Index, nell’intento di capire e misurare i cicli sui mercati delle materie prime. La ferrea intenzione del suo autore era di legare questo indicatore alle componenti cicliche presenti sui mercati delle materie prime. È per questo che l’indicatore prende il nome di “Commodity”.
Essendo uno strumento che nasce dall’idea della ciclicità dei mercati, Lambert sosteneva di usare un terzo del ciclo completo, calcolandolo da minimo a minimo o da massimo a massimo, come periodo di calcolo per il CCI. Esempio: se individuo un ciclo a 90 giorni, nel titolo che ho sotto osservazione, il Commodity Channel Index andrebbe impostato a 30 periodi.
A differenza di tutti gli altri indicatori, che si muovono attorno a valori fissi, il CCI è senza limite, non ha né limite superiore né inferiore. Questo requisito permette il rilevamento di condizioni di mercato estreme, oltre a quelle di ipercomprato e ipervenduto.
Come per altri indicatori, non bisogna fare l’errore di molti principianti, e cioè applicare all’oscillatore regole uniformi in qualsiasi condizione di mercato. L’interpretazione è la base dell’operatività profittevole.
Oltre alle materie prime, oggi, il CCI è applicato a numerosi strumenti. Gli operatori lo usano per rilevare le divergenze o condizioni estreme di mercato. Generalmente, quando il CCI oscilla al di sopra del valore di +100, viene utilizzato come segnale di una probabile tendenza al rialzo, un forte momento di acquisto. Al contrario, quando scende al di sotto di -100, è un segnale che indica una nuova tendenza al ribasso. Non si dovrebbe operare quando l’oscillazione si mantiene dentro il range +100 e -100.
Naturalmente ci rifacciamo alla frase di sopra: l’interpretazione è la base dell’operatività profittevole. Ogni operatore userà altri strumenti o altri metodi di analisi tecnica per confermare i segnali indicati dal CCI, che in accompagnamento daranno più sicurezza nell’operazione.
Abbiamo detto che il CCI è un oscillatore senza limite di valore, questa particolarità rende soggettiva l’interpretazione di una condizione di ipercomprato o ipervenduto. Si può far riferimento ai classici valori +100 o -100, ma considerata la struttura dell’oscillatore è preferibile valutare la volatilità del titolo e determinare livelli personalizzati, come, per esempio, +200 e -200.
Se il prezzo registra un nuovo massimo o un nuovo minimo non confermato dal CCI, la divergenza può indicare un’inversione del prezzo. Non è dogma assoluto, ma una possibile condizione utile a mettere in allarme l’analista che avrà modo di prendere le sue specifiche precauzioni.
A quanti periodi programmare il CCI?
Per la sua specifica natura strutturale, imporrebbe l’impiego di un CCI a 5 giorni, ossia quello caratterizzato dal “più elevato livello teorico di efficienza”, ma poiché questo limitato orizzonte temporale causerebbe notevoli falsi segnali, la soluzione di ripiego prevede la scelta fra un minimo di 5 giorni ed un massimo di 20, con quest’ultimo come valore di default.
Ovviamente la programmazione è sempre personale. Un valore basso renderà l’indicatore più veloce e reattivo ai piccoli movimenti di mercato, alzando il periodo temporale si otterrà un indicatore più lento, ma meno soggetto alla volatilità di mercato.
I trader, comunemente, utilizzano il 14 o 21, ma anche lì comanda il metodo e l’operatività personale. Periodi minori, naturalmente, portano a leggere un indicatore più volatile.
Il CCI riporta ottimi segnali quando viene applicato a strumenti finanziari molto liquidi e su time frame elevati.
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