Il benchmark

Il benchmark

Il benchmark

È un parametro oggettivo di riferimento che ha la funzione di informare gli investitori circa la valutazione del livello di rischio di un particolare tipo d’investimento.

Oltre alla valutazione del rischio, presenta altri vantaggi:

  • la trasparenza: gli indici sono calcolati con regole chiare, semplici e replicabili autonomamente dagli investitori;
  • La rappresentatività: gli indici sono rappresentativi di quel tipo di mercato;
  • La replicabilità: gli indici sono replicabili con attività acquistabili direttamente sul mercato.

Essere facilmente replicabile è un punto di rassicurazione chiunque investe su quel particolare strumento. Ciò significa che le attività di cui è composto sono commerciate sui principali mercati finanziari e possono essere acquistate e vendute a prezzi noti a ciascun investitore.

I Fondi comuni d’investimento e gli ETF sono gli strumenti finanziari più famosi che fanno utilizzo di benchmark.

In Italia, uno dei benchmark più diffusi con riferimento alle blue chip della borsa italiana è l’indice azionario FTSE MIB. L’indice S&P500, il Russel 2000 e il Dow Jones sono i principali benchmark utilizzati dai fondi azionari americani e l’indice MSCI World per quelli globali.

L’indice FTSE Mib italiano può essere considerato un benchmark poiché la sua composizione è costituita dalle azioni delle prime 40 società, in termini di capitalizzazione, quotate sul listino di Borsa Italiana. Tale indice è quindi rappresentativo dell’andamento del mercato azionario italiano.

I benchmark, naturalmente, sono costruiti, gestiti e valorizzati da soggetti terzi rispetto alle Società di Gestione. Le società che progettano i benchmark godono di una totale libertà circa la scelta delle regole di calcolo degli indicatori.

in base a quanto stabilito dal Regolamento Consob n. 10973 del 1997, il benchmark scelto dal gestore del fondo deve necessariamente essere coerente con il tipo di rischio che caratterizza la gestione, oltre a possedere i requisiti di trasparenza, rappresentatività, replicabilità.

Inoltre, ciascun gestore è obbligato a indicare nel Regolamento di gestione il parametro di riferimento che più si avvicina alla politica di gestione del proprio fondo. Facciamo un esempio: i fondi comuni monetari avranno un benchmark costituito unicamente da titoli di debito a brevissimo termine; i fondi comuni d’investimento di tipo bilanciato avranno un benchmark costituito da un mix di strumenti azionari e obbligazionari e così via.

Allo stesso modo, un fondo il cui obiettivo è di offrire un rendimento legato all’andamento del mercato australiano dovrà indicare quale benchmark un portafoglio costituito dalle principali attività finanziarie negoziate sul mercato australiano.

È bene ricordare che il benchmark fornisce all’investitore informazioni circa la composizione delle attività del fondo, in termini geografici e merceologici, ma può non fornire alcuna indicazione circa lo stile e il metodo della gestione.

Infatti, rispetto a tale indicatore, il gestore può decidere di condurre una gestione attiva oppure passiva:

  • caso di gestione attiva: l’obiettivo del gestore sarà di costruire un portafoglio con lo stesso livello di rischio del benchmark ma capace di ottenere una performance superiore rispetto a quella del parametro di riferimento. Faccio un esempio: supponiamo che i rendimenti del nostro portafoglio azionario, una raccolta ampiamente diversificata di titoli a piccola capitalizzazione gestita dalla società X, utilizzino come benchmark l’indice Russell 2000. In fase di rendimenti, se il portafoglio della società X producesse il 5,5% in un anno e il Russell 2000 (il benchmark) il 5,0%, potremmo dire che il nostro portafoglio ha avuto un rendimento che ha superato nettamente il benchmark.
  • Caso di gestione passiva: l’obiettivo del gestore sarà di replicare fedelmente la composizione del benchmark al fine di ottenere l’identico rendimento.

In ogni caso, è sempre il parametro con cui confrontare il risultato ottenuto. L’investitore avrà la possibilità di valutare chiaramente se l’obiettivo dichiarato è stato raggiunto, al fine di valutare la performance del fondo.

È importante ricordare che bisogna leggere attentamente il Regolamento di gestione per quello che riguarda le commissioni che sono a carico dei risparmiatori, proprio perché dipendono dalla capacità del gestore di battere il benchmark.

Il benchmark non richiede una reale gestione di portafoglio come quella che necessariamente avviene, giornalmente, per un fondo comune d’investimento. Pertanto, sui rendimenti non sono computati alcuni costi di gestione che possono riguardare la negoziazione dei titoli, servizi di consulenza o di rendicontazione.

Per chiarezza, è doveroso dire che il confronto dei rendimenti di un particolare fondo, con il suo benchmark, deve riguardare un orizzonte temporale di medio lungo termine. Un periodo inferiore all’anno potrebbe riportare delle differenze.

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