Quantitative Easing (o QE), cos’è?

Quantitative Easing (o QE), cos'è?

Quantitative Easing (o QE), cos’è?

Una Banca Centrale può decidere di ricorrere al Quantitave Easing per stimolare e sostenere i mercati, per creare moneta e fare in modo che ci sia più denaro in circolazione, per ottenere prestiti dalle banche e attivare investimenti più facilmente.

In pratica la banca Centrale propone alle banche di ricomprarsi i titoli, di solito a condizioni vantaggiose, nella speranza che con il denaro ottenuto dalla vendita i singoli istituti bancari rendano più semplice l’accesso al credito, cioè la possibilità per i loro clienti – cittadini e imprese – di prendere denaro in prestito più facilmente e a tassi di interesse più bassi.

Il QE è uno strumento di politica monetaria non convenzionale: le banche centrali solitamente, in condizioni normali, tengono sotto controllo l’inflazione con il rialzo e il ribasso dei tassi d’interessi. La Bce, per esempio, ha avviato nel marzo 2015 il QE per contrastare i timori di deflazione e per accelerare l’uscita dalla grande crisi nell’Eurozona.

Ancora nella pratica, una banca centrale interviene sul sistema finanziario ed economico di un paese per aumentare la moneta in circolazione. Il Quantitative Easing rientra tra le politiche monetarie espansive, anzi Ultra espansive.

La fine del QE indica che l’economia non ha più bisogno di un sostegno straordinario e che la bestia nera della deflazione è stata sconfitta. Il QE infatti, attraverso l’acquisto dei titoli di Stato, abbassa i rendimenti a medio-lungo termine, in particolare quelli dai 3 ai 30 anni, riducendo di fatto il costo del denaro anche su lunghe scadenze.

La Bce, per statuto, non può detenere più del 33% del debito negoziabile di uno Stato emittente e di una singola emissione. Alla fine del QE, cioè degli acquisti netti, il mercato dei Btp dovrà fare a meno di un grosso compratore, un compratore stabile, abitudinario e soprattutto disinteressato rispetto all’andamento dello spread.

Ogni Banca Centrala applica il QE attraverso queste generali procedure:

  1. l’emissione di nuova moneta;
  2. l’immissione della nuova moneta attraverso l’acquisto di titoli di stato, titoli finanziari e titoli tossici;
  3. Aumento del prezzo dei titoli e riduzione del loro rendimento;
  4. Abbattimento degli interessi bancari che di conseguenza permettono la riduzione nel medio periodo dei mutui, dei debiti delle famiglie verso le banche;
  5. Una politica monetaria, come per esempio quella della Bce, che si riduce a un solo mandato: quello di  mantenere un’inflazione a un tasso inferiore ma prossimo al 2% a medio termine.

La Bce, inoltre, ha altre regole:

  • non può acquistare durante il periodo di QE titoli di Stato di un Paese che non ha almeno un rating a livello d’investimento (minimo BBB-) di una delle quattro grandi agenzie di rating: S&P, Moody, Fitch e DBRS.
  • Non può acquistare i titoli di Stato di un Paese che ha chiesto aiuto esterno e che non rispetta gli impegni della “condizionalità”.

Il Quantitative Easing porta a diverse situazioni, e la scelta dell’applicazione è legata al contesto economico in cui viene realizzato. L’effetto più comune è l’impatto che si ha sull’andamento del costo della vita e del potere di acquisto della moneta.

Più quantità di denaro in circolazione riducono il valore della moneta, produce una svalutazione e incide sulla domanda, di conseguenza i prezzi aumentano perché il denaro con cui si fanno gli acquisti vale meno.

L’inflazione sale per questo motivo. Le Banche Centrali sanno molto bene che un minimo di inflazione è un risultato positivo per evitare che si generi la deflazione, e cioè una progressiva diminuzione dei prezzi.

Il QE è stato abbinato al taglio dei tassi di deposito a breve (cioè l’interesse per il parcheggio dei depositi overnight presso l’Eurosistema è scesa a quota -0,40%. Tradotto nella pratica, bisogna pagare per parcheggiare liquidità presso l’Eurosistema, e quindi le banche).

L’applicazione del Quantitative Easing permette, almeno teoricamente, di incidere rapidamente sull’andamento dell’inflazione, facendo in modo che torni a salire riavviando i meccanismi dell’economia. Servirebbe da stimolo.

La politica del QE è una scelta applicata da molto tempo dalla Banca del Giappone, che già, a partire dagli ultimi anni Novanta, avviò una campagna di acquisto di titoli dalle banche per contrastare la minaccia della deflazione.

La fine del QE non produce l’uscita di scena delle Banche Centrali. La BCE, per esempio, mantiene invariato il suo impegno del “whatever it takes”, cioè, può decidere di acquistare sul mercato secondario i titoli di Stato con vita residua tra 1 e 3 anni appartenenti a un Paese che chiede aiuto al fondo salva-Stati MES, perché teme di perdere accesso al mercato per rifinanziare il debito in scadenza.

Lo Stato che chiede aiuto, in cambio degli acquisti della BCE, nel caso di Unione Europea, deve impegnarsi a ripristinare la sostenibilità del debito pubblico, mantenendo la disciplina sui conti pubblici e ad attivare riforme strutturali di sostegno alla crescita.

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