Bruce Kovner

Bruce Kovner

Bruce Stanley Kovner è nato nel 1945 a Brooklyn, New York City. È un investitore americano, gestore di hedge fund, con un patrimonio dichiarato nel 2018 di 5,2 miliardi di dollari. È a capo di CAM Capital, che ha fondato nel gennaio 2012 per la gestione dei suoi investimenti e di tutte le sue attività commerciali. La sua villa sulla Fifth Avenue a New York City, la Willard D. Straight House, ha una stanza rivestita di piombo per proteggersi da un attacco chimico o biologico.

Kovner, attualmente è presidente della Juilliard School e vicepresidente del Lincoln Center for the Performing Arts. È anche membro dei consigli di amministrazione della Metropolitan Opera e dell’American Enterprise Institute.

Kovner ha studiato all’Harvard College nel 1962. Rimase ad Harvard anche in seguito, studiando economia politica presso la John F. Kennedy School of Government, in particolare sotto il famoso conservatore Edward C. Banfield, fino al 1970.

Negli anni seguenti fece di tutto: campagne politiche; studiò clavicembalo; fece lo scrittore e anche il tassista. Voleva far soldi, cominciava ad esserne molto attratto. Nel 1977 scoprì il commercio di materie prime e investì 3.000,00 dollari in contratti futures sulla soia.

Questa fu la sua prima operazione che gli permise di realizzare una crescita fino a 45.000,00 dollari. Poi l’operazione ha subito un ritracciamento importante e ha visto il contratto scendere a 23.000,00 dollari, prezzo a cui ha venduto. Questa esperienza snervante gli insegnò l’importanza della gestione del rischio.

In quell’occasione dichiarò:

Non ero affatto contento del risultato ottenuto: a un certo punto mi trovavo infatti con 45.000 dollari, ma uno stupido sba­glio mi costò metà dei profitti realizzati. Lo sbaglio fu quello di chiudere una posizione in un momento di panico, ignorando la logica che mi aveva portato ad aprirla. Perdere metà del capita­le in pochi minuti mi provocò un violento choc emozionale. Cre­detti per molti giorni di aver sbagliato mestiere e che come trader ero finito prima ancora di aver iniziato veramente. Non riu­scii persino a mangiare, tale era stato il colpo subito.

Questo evento lo segnò moltissimo e fu il punto di svolta della sua brillante carriera.

Dopo questa esperienza, Bruce Kovner si rimise in campo molto più motivato di prima. Capì l’importanza di acquisire sicurezza e tecnica che solo una buona formazione gli poteva dare. Scelse Michael Marcus, che gli insegnò tutti i trucchi di un vero trader. Rafforzò le sue conoscenze, le sue competenze, e la sua emotività per la gestione delle posizioni e del denaro. Queste lezioni sarebbero diventate la base fondamentale per la sua operatività.

Dichiarò in seguito:

Marcus ha un’importanza fondamentale per me: fu lui a in­segnarmi che si possono veramente guadagnare milioni di dolla­ri in Borsa. Mi dimostrò come una costante applicazione poteva permettere risultati eccezionali e che la disciplina era alla base di tutto. Per la prima volta scoprii che sbagliare era accettabile: come diceva Marcus, occorre studiare il mercato, farsi una pri­ma opinione e poi accettare la perdita; ristudiare il mercato, farsi una seconda opinione, e riaccettare una perdita; studiare nuo­vamente il mercato, elaborare una terza opinione e finalmente guadagnare.

Le prime operazioni di Kovner si basavano sulle differenze esistenti tra i prezzi attuali e quelli futuri (spread positions). Analizzando i dati del passato, Kov­ner notò un dato che gli diede notevoli risultati: quando la differenza tra i due prezzi diventava sostanziale, a un certo punto si verificava inevitabilmente un’inversione. Operan­do con questo presupposto gli fu possibile iniziare con una modesta cifra di 3.000.00 dollari che portò a 22.000,00 solo dopo poche operazioni.

Bruce Kovner è considerato uno dei più grandi ope­ratori del mondo sui mercati valutari (la mole delle sue transazioni quoti­diane superano quelle della Banca d’Italia). Investe anche in azioni, futures, mate­rie prime e metalli preziosi. Nella sua attività le valute assorbono il 50% del suo tempo e delle sue risorse.

Quando si parla di trader veramente profittevoli non si può che pensare a lui. Nel 1987 ha realizzato guadagni, per se stesso e per i suoi clienti, per oltre 300 milioni di dollari. Bruce Kovner, attualmente, obbliga i suoi clienti a ritirare i profitti alla fine di ogni anno, sui quali detrae le sue spettanze del 25%. La tipologia dei suoi clienti ha un target: non accetta aperture di conti per somme inferiori ai 5 milioni di dollari.

La sua perfor­mance media annua, in un arco di dieci anni, è stata dell’87%. In dieci anni, 2.000,00 dollari, a partire dal 1978 e capitalizzati anno per anno, li fece diventare 1.000.000,00 di dollari. Dobbiamo sottolineare che la sua operatività in borsa ha un’elevata propensione al rischio, sostenuta da una grande abilità.

Bruce Kovner è un trader molto discreto e nonostante le sue abilità ha mantenuto un profilo incredibilmente basso, quasi nascosto. Non ha mai accettato interviste, se non qualcuna. Mai ap­parso in pubblico, ha passato il suo tempo preferendo di evitare qualsiasi forma di pubblicità.

Sui muri del suo ufficio Kovner appende grafici giganti con tutte le posizioni di suo interesse, sui quali traccia ogni genere di righe e anno­ta le proprie considerazioni. Il suo lavoro consiste nell’analisi di quei grafici, identificando punti chia­ve di inversione o segnali di compravendita.

L’utilizzo dell’analisi tecnica è indispensabile, ma sbagliano completamente quelli che pensano che serva a predire il futuro. Quando si utilizzano i grafici, le conclusioni sono sempre per­sonali e soggettive. Rido al pensiero di quei fondamentalisti che dichiarano avversione ai grafici; è come se dei medici si rifiutas­sero di misurare la temperatura del paziente perché tanto non interessa.

In altro passaggio Kovner ha dichiarato di utilizzare principalmen­te l’analisi tecnica, ma ciò non esclude anche l’utilizzo della fondamentale, che ha pure le sue funzioni.

In effetti, sono propenso a muovermi sulla base di una noti­zia di carattere economico fondamentale, che però abbia una con­ferma dal punto di vista tecnico. Mi ricordo che ai tempi del trat­tato USA-Canada per il libero commercio ero insicuro sulla direzione del dollaro canadese. Sapevo vi sarebbe stato un grosso evento economico una volta concluso il trattato, ma non avevo un’idea sicura di come il mercato lo avrebbe interpretato. Anzi­ché anticipare, decisi quindi, come sempre, di aspettare una rottura dei prezzi al rialzo o al ribasso. I prezzi ruppero infine al rialzo, e io aprii immediatamente posizioni nella stessa direzione. Se avessi dovuto agire per logica fondamentale avrei però venduto prima, dato che il Canada dava il via libera alle impor­tazioni dagli State…

A proposito di fondamentali e notizie continua:

Persino quando apprendo notizie insider attendo la confer­ma del mercato. Ho visto troppe volte un titolo scendere dopo l’annuncio di un incremento dei dividendi, per cadere nell’erro­re di comprarlo il primo giorno dopo l’annuncio.

La direzione iniziale del mercato poco prima di un grosso an­nuncio è quella che proseguirà nel futuro; ciò è dovuto al fatto che c’è sempre qualcuno che sa le cose prima, e qualcun altro che arriva in ritardo e fa proseguire il trend.

Bruce Kovner è poco propenso a seguire un titolo quando l’an­nuncio è già ufficiale. Sostiene che la rottura dei prezzi nello stesso giorno è anzi dovuta alle mani deboli, su cui andranno a vendere tutto l’acquisto effettuato prima. Preferisce, quindi, stare distante da tali operazio­ni.

Questo s’innesta con le sue teorie in merito ai breakout su importanti livelli di resistenza. Sua opinione è che tali breakout hanno poco affidabilità dopo le notizie pubblicate sui giornali, mentre hanno maggior validità quelli che nessuno riesce a spiegare.

La gente non riesce a comprendere che il mercato è impre­vedibile per sua natura e che occorre seguirlo senza cercare una spiegazione precisa, il che ovviamente non significa comunque fare l’opposto di quello che si ritiene logico.

Bruce Kovner, fondamentalmente, è un trend follower, se­gue la tendenza di mercato e non fa nessun tentativo per anticiparla.

Kovner però, non sempre dorme tranquillo; la sua attività di trading è composta da una gestione continuativa in tutte le ventiquattro ore della giornata. Du­rante la notte ha un intero staff che controlla tutta la movimentazione dei prezzi nel suo ufficio, operando sui mercati asiatici. I collaboratori notturni devono avvisarlo quando accadono eventi importanti.

In realtà non vengo chiamato molto spesso di notte. Lo staff segue le direttive che ho dato in base alle eventuali rotture di prezzi, per cui è sostanzialmente autonomo. Inoltre, casa mia è completamente equipaggiata per tenermi informato.

Personalmente gestisce i mercati dalle 8 del mattino fino alle 7 di sera. Se l’attività del mercato è molto favorevole opera fino a mezzanotte.

Bruce Kovner, nonostante la rilevante massa di dollari gestiti, non ha mai provato e non prova mai a spingere il prezzo di un titolo o valuta per gonfiare o manipolare un trend.

Credo che il tentare di spingere il mercato possa dare qual­che risultato sporadico, ma mai continuativo. Conosco amici per­sonali che sono in guai seri per il loro ultimo tentativo di spinge­re il rialzo del petrolio grezzo: all’inizio sembrava ce la facesse­ro, poi il mercato si è rivolto contro, causando loro perdite personali per 40 milioni di dollari.

Kovner ha diverse teorie che possono sembrar strane alle consolidate esperienze di molti trader di successo, ma a lui continuano a produrre profitto, perciò non se ne allontana neanche un centimetro.

Facciamo un esem­pio: lui non crede che un livello, un supporto o una resistenza importante, pos­sa essere raggiunto o rotto semplicemente perché tutti sanno che c’è. Sostiene: «se il mercato è ve­ramente forte, non deve comunque scendere fino a tal punto».

Non ha nemmeno paura di cambiare idea: «Quando il mercato mi va contro, nonostante le mie decise convinzioni, mi rendo conto di dover rivalutare la situazione perché potrei aver sbagliato. Questo non comporta un problema, fino a che riesco ad autodisciplinarmi»

La sua opinione sulla perdita e sullo stress: «L’impatto emo­zionale del trading è enorme: riesco a minimizzarlo non perso­nalizzando mai le perdite. Cerco di non preoccuparmene, in quanto perdere è per me una cosa naturale, e accade quasi tutti i giorni che qualche posizione debba essere chiusa con segno ne­gativo. Il mio unico anno negativo in quindici anni di attività è stato il 1981, quando persi il 16%, per essere stato colto impre­parato dalla tendenza ribassista del mercato delle materie prime».

Bruce Kovner ha anche inventato i suoi trading system, con cui gestisce una parte della sua enorme liquidità. «In­vesto circa 100 milioni di dollari con il mio Trading System, che produce buoni risultati ma ha dei problemi in termini di control­lo del rischio. Penso si possano creare sistemi automatizzati mi­gliori ma mai veramente eccezionali, in quanto il modo di inter­pretare le informazioni cambia di continuo».

Bruce Kovner è veramente un gestore di fondi straordinario. Riesce a ottenere risultati eccezionali grazie alla sua capacità di comprendere lo scenario macroeconomico mon­diale, il profondo concetto di disciplina, l’intima sicurezza in se stesso e un grande senso di indipendenza.

Alcuni passaggi di brevi interviste:

Verso il 1975 la mia attenzione cominciò a dirigersi verso i mercati finanziari, e in particolare valutari, che pareva­no essere fortemente influenzati dalle variabili politiche. Mi spe­cializzai da subito sui futures, attratto dalla possibilità di ope­rare a margine.

Perché guadagno? Non credo ci sia una motivazione precisa; per me esistono due elementi base, che non vorrei però generalizzare. Il primo consiste in una certa visione che ho di quanto potrebbe accadere a livello mondiale, sia in campo economico che in campo politi­co. Il secondo, che potrebbe, penso, darmi quasi lo stesso successo anche se preso come singolo elemento, consiste nel man­tenersi disciplinato e razionale anche sotto la massima pres­sione.

Credo che essere un grande gestore non abbia nulla a che fare con l’intelligenza; ritengo che i migliori trader siano infatti persone dotate di una fortissima sicurezza di se stessi e delle pro­prie opinioni, persone indipendenti e disciplinate a livello di se­mi automatizzazione, persone senza manie di grandezza che rie­scono a prendersi i giusti rischi in ogni occasione, senza mai sbi­lanciarsi.

Disciplina, Persistenza, Applicazione. Sono concetti chia­ve per non perdere d’occhio la realtà.

Il mio approccio al mercato parte da una visione generale della situazione politico-economica mondiale. Da questa visione scel­go i mercati su cui operare (azioni, valute, materie prime o me­talli preziosi), dopodiché mi avvalgo dell’analisi tecnica per il timing operativo.

 La mia carriera ideale sarebbe stata quella politica, e durante gli anni 70 ho seguito alcune campagne elettorali dal punto di vista manageriale. I miei obiettivi di allora consistevano nel raggiungere la posizione ideale per una candidatura a livello di stato. 

Verso il 1975 realizzai che non disponevo delle necessarie risorse finanziarie per una campagna elettorale e che quindi era quasi impossibile il conseguimento delle mie ambizioni politiche. 

La mia attenzione cominciò proprio allora a dirigersi verso i mercati finanziari, in particolare valutari, che parevano essere fortemente influenzati dalle variabili politiche. Mi specializzai da subito sui futures, attratto dalla possibilità di operare a margine. Non ero affatto contento dei risultati… infatti ad un certo punto mi ritrovai con 45.000 dollari, ma uno stupido sbaglio mi costò la metà dei profitti realizzati.

Lo sbaglio fu quello di chiudere una posizione in un momento di panico, ignorando la logica che mi aveva portato ad aprirla. Perdere la metà del capitale in pochi minuti mi provocò uno shock emozionale enorme. Credetti per molti giorni di aver sbagliato mestiere e che come trader ero finito ancor prima di aver iniziato veramente. Non riuscii nemmeno a mangiare, tale era stato il colpo subito. Da allora, ogni qualvolta avverto un senso di disagio per ragioni non chiare chiudo immediatamente tutte le posizioni aperte che potrebbero risentirne. L’ultima volta è stato proprio nell’ottobre 1987: chiusi tutto tra il 19 e il 20, dopo che per giorni avevo avvertito la sensazione che qualcosa di straordinario e imprevedibile sarebbe accaduto nel mondo. Non avevo la minima idea di cosa sarebbe stato, ma ne ero profondamente disturbato ed angosciato. 

Dopo questa prima esperienza ebbi l’occasione di lavorare con Michael Marcus, uno dei più grandi trader di tutti i tempi. Marcus mi insegnò che si possono veramente guadagnare milioni di dollari in borsa. Mi dimostrò come una costante applicazione poteva permettere risultati eccezionali e che la disciplina era alla base di tutto. 

Per la prima volta scoprii che sbagliare era accettabile: come diceva Marcus, occorre studiare il mercato, farsi una prima opinione e poi accettare la perdita, ristudiare il mercato, farsi una seconda opinione e riaccettare una perdita, studiare nuovamente il mercato, elaborare una terza opinione e finalmente guadagnare. Per me esistono due elementi di base, che non vorrei però generalizzare. Il primo consiste in una certa visione che ho di quanto potrebbe succedere a livello mondiale, sia in campo economico che in campo politico. Il secondo consiste nel mantenersi disciplinato e razionale anche sotto la massima pressione. 

Credo che essere un grande gestore non abbia a che fare con l’intelligenza; ritengo che i migliori trader siano persone dotate di una fortissima sicurezza in se stessi e delle proprie opinioni, persone indipendenti e disciplinate a livello di semi automatizzazione, persone senza manie di grandezza che riescono a prendersi i giusti rischi in ogni occasione, senza mai sbilanciarsi. Il mio approccio al mercato parte da una visione generale della situazione politico-economica mondiale. 

Da questa visione scelgo i mercati su cui operare (azioni, valute, materie prime o metalli preziosi), dopodiché mi avvalgo dell’analisi tecnica per il timing operativo.

L’utilizzo dell’analisi tecnica è indispensabile, ma sbagliano completamente quelli che pensano che serva a prevedere il futuro. Quando si utilizzano i grafici le conclusioni sono sempre personali e soggettive. Rido al pensiero di quei fondamentalisti che dichiarano avversione ai grafici; è come se dei medici si rifiutassero di misurare la temperatura del paziente perché tanto non interessa. La gente non riesce a comprendere che il mercato è imprevedibile per sua natura e che occorre andargli dietro senza cercare una spiegazione precisa, il che ovviamente non significa comunque fare l’opposto di quello che si ritiene logico. Persino quando apprendo notizie insider attendo la conferma del mercato. Ho visto troppe volte un titolo scendere dopo l’annuncio di un incremento dei dividendi, per cadere nell’errore di comprarlo il giorno dopo l’annuncio. Ciò non esclude l’utilizzo dell’analisi fondamentale, in effetti sono propenso a muovermi sulla base di una notizia di carattere economico-fondamentale, che però non abbia una conferma dal punto di vista tecnico.

Mi ricordo che ai tempi del trattato tra Stati Uniti e Canada per il libero commercio ero insicuro sulla direzione del dollaro canadese. Sapevo che vi sarebbe stato un grosso evento economico una volta concluso il trattato, ma non avevo un’idea sicura di come il mercato lo avrebbe interpretato. Anziché anticipare, decisi quindi, come sempre, di aspettare una rottura dei prezzi al rialzo o al ribasso. I prezzi ruppero al rialzo ed io aprii immediatamente posizioni nella stessa direzione. Se avessi dovuto agire per logica fondamentale avrei venduto prima, dato che il Canada dava via libera alle importazioni dagli States. 

La direzione iniziale del mercato poco prima di un grosso annuncio è quella che seguirà nel futuro; ciò è dovuto al fatto che c’è sempre qualcuno che sa le cose prima, e qualcun altro che arriva in ritardo e fa proseguire il trend.

Tutte le volte che apro una posizione, predetermino un livello di stop loss. Questo è l’unico modo per poter dormire la notte. In questo modo so quando chiuderò la posizione prima ancora di aprirla. Contrariamente al solito non pongo però degli stop loss sulla base di calcoli percentuali (es: 4% dal prezzo di acquisto), in quanto potrebbero essere livelli facilmente raggiunti nella normale fluttuazione del titolo. Preferisco studiare graficamente livelli difficilmente raggiungibili e fissare lo stop loss su di essi.

Quando il mercato mi dà contro, nonostante le mie decise convinzioni, mi rendo conto di dover rivalutare la situazione perché potrei aver sbagliato. Questo non comporta un problema fino a che riesco ad autodisciplinarmi.

Parte del mio portafoglio globale viene gestita da alcuni trading system da me inventati. Investo circa 100 milioni di dollari con buoni risultati e qualche problema a livello di controllo del rischio. Penso che si possano creare sistemi migliori ma mai veramente eccezionali, in quanto il modo di interpretare le informazioni cambia di continuo.

Lo stress gioca un ruolo fondamentale, l’impatto emozionale del trading è enorme: riesco a minimizzarlo non personalizzando mai le perdite. Cerco di non pensarci in quanto perdere è una cosa naturale, ed accade quasi tutti i giorni che una posizione debba essere chiusa con segno negativo.

Il concetto principale è sempre quello di gestione del rischio. Ogni mia singola operazione non assorbe mai più dell’1% del portafoglio e deve avere un basso grado di correlazione con le altre.

Trading Bull Club

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