Buyback, opzione per difendersi o per crescere?

Buyback, difendersi o crescere?

Buyback, opzione per difendersi o per crescere?

Le operazioni di buyback consistono nel riacquisto di azioni proprie da parte di una società quotata in borsa. Naturalmente, il programma deve essere autorizzato dall’assemblea dei soci, che può decidere di farlo attraverso un’offerta pubblica, a prezzo fisso, oppure riacquistando sul mercato secondario.

Perché le aziende potrebbero essere interessate al buyback?

I motivi possono essere diversi:

  • Tutelare la proprietà. L’azienda interviene per evitare soci sgraditi o per rendere difficili le aggressioni di acquisto da parte di rivali.
  • Rassicurare il mercato: l’azienda che compra le sue stesse azioni comunica sicurezza e fiducia sulle sue prospettive di fatturato e incoraggia gli investitori.
  • Riduzione del capitale sociale: le azioni riacquistate potrebbero, in altra fase, essere ritirate dal mercato e non distribuite.
  • Riserva di titoli. Le riserve sono sempre importanti, possono essere utilizzate per acquisizioni e/o scambi azionari con altre società.
  • Ritirare azioni per utilizzarle come stock option, da concedere ai manager al raggiungimento degli obiettivi.

Quando le aziende quotate in borsa ricorrono al buyback, decidono di farlo per una serie di motivazioni, che possono essere lecite o poco chiare. Uno degli effetti che provoca tale operazione è, solitamente, un incremento del prezzo delle azioni sul mercato, sia nel breve sia nel lungo termine.

La semplice dichiarazione del Presidente della società, dell’intenzione di effettuare un buyback, può generare un rialzo del prezzo delle azioni, poiché sarebbe intesa, allo stesso modo di un aumento del dividendo, un segnale positivo che sottolineerebbe che le aziende credono davvero nel proprio business.

Capirete che, con questo sistema e con questi effetti, ogni società potrebbe utilizzare in qualsiasi modo questo strumento. Anche perché, non è obbligatorio portare a termine i riacquisti deliberati, molti di essi sono realizzati nell’arco di tre anni, e vengono eseguiti soprattutto durante i periodi in cui il prezzo è in una quotazione molto bassa.

Generalmente, in occasione della stagione degli utili (earning season) queste operazioni sono sospese per poi riprendere alla fine di tale periodo. Il riacquisto ha forti implicazioni sugli utili che vengono gonfiati in modo artificioso.

Facciamo un esempio concreto di operazione buyback:

mettiamo il caso che l’azienda Alfa abbia 10 milioni di euro in disponibilità contante e 1 milione di azioni sul mercato, scambiate a un prezzo di 10 euro per azione. Se l’azienda Alfa riacquistasse 300.000 delle proprie azioni, avrebbe subito un costo di 3 milioni di euro.  Le azioni, una volta riacquistate, sono considerate annullate, anche se possono essere ridistribuite in futuro, e all’azienda resterebbero 700.000 azioni sul mercato e 7 milioni di euro in contanti.

A questo punto il prezzo del titolo, così come l’utile per azione, è destinato ad aumentare a causa della ridotta disponibilità. Il totale dividendo sarebbe distribuito su 700 mila azioni e non più sul milione.

Negli ultimi cinque anni Wall Street ha sfiorato 3.000 miliardi di dollari in buyback, e quando diciamo Wall Street vogliamo indicare le aziende quotate negli indici. Ciò indica che la società ritengono il titolo sottovalutato. È un fenomeno crescente degli ultimi 30.  La figura successiva è il grafico del buyback per l’indice  S&P 500. Il 2018 ha segnato un nuovo record: 200,65 miliardi di dollari.

Un altro dei motivi per cui le società ricorrono al buyback è quello di difesa. Le società, che ritengono essere oggetto di acquisizioni ostili, o che temono di diventarlo, utilizzano il riacquisto di azioni proprie come metodo dissuasivo. Una pratica molto comune, per difendersi dalle aggressioni di acquisto, è quello di indebitare la società, acquistando con il ricavato le proprie azioni, per rendere l’attacco più costoso per il rivale.

Come avrete bene inteso è una materia che ha bisogno costantemente di una regolamentazione. I vari organismi di controllo e i governi sono sempre più attenti a questi particolari. Regolamentare significa prevenire le manipolazioni.

Infatti, oggi i riacquisti non possono eccedere una quota delle azioni in circolazione e il prezzo non può essere superiore a una media di quelli recenti. Per tutelare gli altri titolari della posta in gioco (stakeholder) è consentito effettuare riacquisti solo con utili netti.

Per evitare insider trading societario, la società emittente è tenuta a divulgare l’informazione sensibile al mercato, prima dei riacquisti e/o ad astenersi dai riacquisti prima di annunci al mercato sull’andamento dell’azienda.

Gli hedge fund in queste situazioni non perdono occasione per speculare. Studiano continuamente gli effetti degli annunci dei buy back sui prezzi dei titoli di tutte le società che li hanno resi pubblici al mercato. Acquistano titoli delle società che rendono noti i buy back  subito dopo l’annuncio, preoccupandosi di rivenderli nel giro di qualche giorno a un prezzo maggiore.

Il Congresso USA valuta sempre la possibilità di prendere di mira i riacquisti di azioni, prospettando una legislazione più restrittiva. Ma è certo che nessun politico vorrebbe firmare un provvedimento di questo tipo, specialmente se provoca un brusco calo del mercato rialzista o è legato a un gruppo d’industriali che lo hanno fatto eleggere. In ogni caso, il solo pensiero che possa accadere terrorizza i maghi di Wall Street.

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