Mercedes in mano al gruppo cinese Geely

Mercedes in mano al gruppo cinese Geely

Mercedes in mano al gruppo cinese Geely

Li Shufu, ricchissimo imprenditore cinese e proprietario del gruppo cinese Geely, ha comprato, per 7,3 miliardi di euro, il 9,69% delle azioni di Daimler, Mercedes per essere chiari. Si è impadronito di 103.619.340 azioni della società tedesca, utilizzando una tecnica silente, tipica delle mani forti. Diverse operazioni di acquisto minime, dilazionate lungo il tempo, per mettere a frutto il suo progetto e le mani sul gigante Mercedes.

Oltre a quello che possiede, da oggi diventa il primo azionista di un altro colosso industriale, quello tedesco.

Li Shufu è conosciuto come un imprenditore cinese particolarmente preparato, dotato di chiare visioni per il futuro, specialmente nel settore automotive.  La Mercedes, pilastro nel settore più forte dell’industria tedesca, tutelata negli anni politicamente, adesso comincia a parlare lingua cinese.

Il gruppo Geely, colosso nel comparto automotive, fondato nel 1997 e con sede a Hangzhou, è quotato alla Borsa di Hong Kong con una capitalizzazione di 30 miliardi di dollari. Le sue proprietà sono:  di Lotus, comprata nell’estate 2017;  Terrafugia, con la quale punta all’auto volante per il 2025; già proprietario di Volvo, comprata nel 2010; dal 2013 ha messo piede alla London Electric Vehicle Company.

Il gruppo Geely, gigante produttore di frigoriferi, passa a essere un soggetto di primo livello nell’auto, mostrando l’ultimo suo investimento di qualità: la maggioranza del pacchetto azionario della Mercedes.

Le quote del gruppo Daimler Mercedes sono così ripartite: Istituzionali, 61.5%; investitori privati, 18.9; il fondo sovrano del Kuwait, 6,8%, il numero uno degli investimenti BlackRock, quota 6%; Renault-Nissan, al 3,1%;

Da oggi le regole cambiano, Geely diventa l’azionista di riferimento scavalcando il fondo sovrano del Kuwait. C’è davvero la reale possibilità che il colosso tedesco, nelle sue prospettive di crescita, sia veramente influenzato da una governance cinese? Ai posteri l’ardua sentenza.

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